La superstizione fa parte della cultura generale della società. A chi non è mai capitato di rivolgere parole, gesti o veri e propri rituali per guadagnarsi i favori della sorte?

Incrociare le dita, toccare ferro, fare il gesto delle corna, sfregare un corno, custodire un quadrifoglio, sono tutti atteggiamenti riferiti alla superstizione. Che si dicano tanto per dire o perché si creda davvero, si tratta di atteggiamenti generalmente assurdi che coinvolgono un po’ tutti in tutto il mondo.

La scaramanzia e la superstizione affondano le loro radici in un lontano passato ma che, nonostante fatti e scienza abbiano ampiamente dimostrato la loro inefficacia, sono rimasti nella cultura popolare e permangono sfidando la razionalità.

Di tutto quello che si dica porti sfortuna, spesso non si conosce nemmeno il motivo o la causa, il significato si è sbiadito nel tempo però sembra che non se ne possa fare a meno quando c’è di mezzo il destino e la paura dell’ignoto.

Superstizione, da dove nasce?

In tempi antichi, dicevo. Forse dall’epoca degli egizi, almeno qualcosa è documentato.

L’ignoranza e la paura portavano le persone a trovare un riferimento per molti fenomeni avversi per il principio di causa effetto ovvero una relazione stretta tra due fenomeni.

Una cosa è avvenuta per via di un’altra cosa compiuta. Nessuna fatalità quindi ma piuttosto una responsabilità.

La superstizione quindi diventa una sorta di sistema di difesa, uno scudo a protezione dell’individuo verso tutto quello che è ignoto, una costante ricerca di sicurezza tanto strenue da diventare imbarazzante.

Eppure sembra che superstizione e scaramanzia riescano sempre a ritagliarsi una presenza, seppur marginale, nella società moderna.

Dal logico all’irrazionale

La superstizione nasce anche da principi logici. Alcune attenzioni, che oggi potremmo definire quantomeno bizzarre, un tempo avevano un senso preciso ed erano perfino salutari.

I cortei funebri o i carri funebri sono uno degli esempi più eclatanti. Oggi qualcuno tende ad allontanarsi quando incrocia un corteo funebre considerato una portatore di sventura. Quando ero piccolo ricordo che dove abitavo un paio di donne anziane toccavano ferro dopo aver visto un carro funebre vuoto perché ritenevano che, senza il defunto, potesse toccare a loro.

Nel medioevo però restare distanti o evitare i cortei funebri aveva un motivo preciso legato alla salute, ovvero schivare le epidemie che all’epoca erano molto diffuse ed una delle prime cause di decesso.

Dal momento che le medicine erano poche e quelle poche non erano nemmeno particolarmente efficaci, lo spettro di un contagio aleggiava intorno ai cortei funebri. Per questo tenersi a debita distanza era decisamente consigliabile.

Anche augurare “Salute!” quando qualcuno starnutisce resta legato al concetto di superstizione, per scongiurare la possibilità che lo starnuto possa evolversi in altro. Oggi è considerato quasi educazione, perdendo ogni collegamento con il motivo reale.

Ma i rituali riguardanti la superstizione non si fermano qui.

Passare sotto le scale

Anche passare sotto le scale è un concetto legato alla superstizione che ha due spiegazioni, una religiosa ed una profana.

Dal punto di vista religioso, il passaggio sotto le scale si ricollega agli antichi egizi ma anche ai cristiani. Una scala appoggiata ad un muro o una delle più moderne scale a libro formano un triangolo, con il muro o con il pavimento.

Attraversare quella forma significherebbe rompere una figura sacra e scatenare l’ira divina.

Per quello che riguarda la spiegazione profana, torniamo sempre al medioevo. Durante le battaglie e gli assedi, si attaccavano i castelli o le costruzioni da conquistare appoggiando alle pareti grandi scali per scavalcare le protezioni.

Chi si doveva difendere da quegli attacchi, versava olio bollente, pece o massi dalla sommità delle pareti da salvaguardare. Da qui deriva l’idea che passare sotto una scala possa mettere a repentaglio la propria incolumità.

Il gatto nero

Il gatto nero che attraversa la strada fa parte della superstizione a livello mondiale. In Italia ma anche negli Stati Uniti o in Spagna il gatto nero che attraversa la strada significa sfortuna.

Perché? Perché sempre nel medioevo pare che di notte i cavalli venissero spaventati dagli occhi gialli dei gatti e da lì sono stati accomunati al demonio. Diversi papi chiesero addirittura che venissero catturati e bruciati per la loro associazione con il diavolo o con le streghe.

In Cina il gatto nero è portatore di povertà, fame e miseria; mentre, in Germania si ritiene che se un gatto nero attraversa la strada da sinistra a destra porti fortuna, al contrario da destra a sinistra porti sfortuna.

Come salvarsi? Fermandosi e aspettando che qualcun altro percorra il tratto di strada e attiri la presunta malasorte.

Più che come salvarsi dalla malasorte bisognerebbe sapere come salvarsi da chi ci crede ancora, ma tant’è.

Rompere lo specchio

È una delle superstizioni più diffuse. Se facciamo cadere uno specchio, rompendolo, sono sette anni di sfortuna che si abbattono sulla casa. Se si crepa da solo, invece, il proprietario potrebbe perdere un caro amico.

Se lo specchio rotto si trova vicino al ritratto di una persona viva, infine, questa potrebbe morire.

La credenza popolare è tutt’ora molto sentita soprattutto tra gli attori teatrali, che non portano mai sul palco uno specchio vero, per evitare che si rompa.

È probabile che questa credenza sia legata al forte valore simbolico dello specchio: oggetto “magico” capace di duplicare le cose, ma anche le persone. Questa caratteristica può aver spinto le generazioni passate a pensare che infrangere l’immagine riflessa equivalesse in qualche modo a uccidere la persona stessa o a farle del male.

Come evitare i guai? Secondo chi crede nella superstizione, bisogna raccogliere tutti i pezzi dello specchio rotto e gettarli in un fiume, in maniera che la corrente porti via il male. Oppure si possono lasciare i pezzi a terra per alcune ore senza toccarli, altrimenti seppellirli per evitare che continuino a riflettere la propria immagine.

Far cadere il sale (e l’olio)

Superstizione

Anticamente il sale era preziosissimo (da questa parola deriva il termine “salario”, per esempio) e farne cadere solo dei granelli significava perdere soldi.

Da qui il legame con la presunta sfortuna. Per cercare di non attirarla, basta raccogliere subito ciò che è caduto e tirarsi tre manciate dietro le spalle, meglio se è quella sinistra.

Stessa idea anche per l’olio versato sul tavolo. Una disgrazia, sì…ma per pulire.

Il cappello sul letto

Appoggiare un cappello sul letto di una casa è segno di cattiva sorte per chi lo occupa.

Una volta, infatti, quando venivano chiamati un medico o un prete perché qualcuno era malato gravemente o in punto di morte, per la fretta di tentare una possibile cura non si badava alla formalità.

Non ci si preoccupava di svestirsi all’ingresso e il cappello veniva appoggiato sul letto della persona da curare.

Aprire l’ombrello in casa

Questa superstizione ha due origini.

Nell’antica Roma gli ombrelli aperti in casa, quindi privandoli della loro funzione principale di riparo da pioggia o sole, significavano mancare di rispetto al dio del Sole che equivaleva ad attirare le sue ire.

In tempi più recenti gli ombrelli aperti in casa servivano a tappare buchi del tetto da cui poteva piovere all’interno. Avere buchi nel tetto significava essere poveri. Aprire un ombrello in casa significherebbe attirare la sfortuna e rischiare di finire sul lastrico, ovvero in strada, senza un tetto sopra la testa.

La scopa sui piedi di una donna non sposata

Anche se fa sorridere, rientra nell’idea di superstizione.

Una volta, una donna in cerca di marito che si toccava inavvertitamente i piedi con la scopa, non veniva considerata brava nelle faccende domestiche e, di conseguenza, una futura moglie poco raccomandabile.

Guardarsi negli occhi durante un brindisi

Che sia quello della mezzanotte di capodanno o qualsiasi altro brindisi, mai perdere di vista gli occhi.

Una credenza che arriva, anche questa, dal medioevo e non è legata all’intensità con cui far tintinnare i calici ma per controllare che nessuno dei partecipanti possa avvelenare gli altri.

Altri miti della scaramanzia

Ci sono poi altri miti e credenze della scaramanzia e della superstizione. In ambito sportivo, tra le tante, è famosa la “Maledizione di Guttmann” per la squadra di calcio del Benfica.

Nel 1962, l’allenatore ungherese Bela Guttmann guidò il Benfica alla vittoria della Coppa dei Campioni per il secondo anno consecutivo.

Quando chiese un aumento di stipendio, la dirigenza rifiutò e Guttmann se ne andò, lanciando una maledizione sulla squadra:

Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d’Europa ed il Benfica senza di me non vincerà mai più la Coppa dei Campioni.

Da allora, il Benfica ha perso otto finali europee.

Poi, appunto, ci sono casi individuali. C’è chi, dopo un successo, indossa gli stessi vestiti di quella particolare occasione per affrontare nuove sfide.

C’è chi si affida a rituali scaramantici prima di un esame scolastico o di un evento sportivo. Chi non si separa mai dal proprio amuleto considerato porta fortuna.

Ci sono tantissimi casi di superstizione e forse anche affidarsi alle preghiere perché tutto possa andare bene, rientra tra questi.

Tu credi alla superstizione oppure conosci altre credenze e rituali per guadagnare i favori della fortuna o tenere lontana la sfortuna?

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