I social network, a dispetto del nome e delle caratteristiche tanto decantate, creano connessioni virtuali ma distacchi reali. Ho scelto un titolo altisonante ma senza voler scrivere un saggio perché non ho le competenze e qualità per farlo.

Lo spunto, in un discorso molto più largo, è arrivato da una riunione all’asilo in cui una maestra raccontava che ha visto una famiglia (genitori e due figli) che al ristorante si sono seduti al tavolo ed i figli avevano un tablet per ciascuno, cuffie ed erano isolati dal resto del mondo.

I genitori, dopo aver scelto e ordinato i piatti con cui cenare per sé e per i figli, hanno preso in mano ognuno il proprio cellulare e si sono persi nella rete, uccidendo sul nascere ogni possibile conversazione. Sfilacciando ogni legame. In quel momento erano a tavola tutti insieme ma i figli catapultati in un altro mondo mentre i genitori, nella migliore delle ipotesi, chiacchieravano con i loro amici (ripeto, nella migliore delle ipotesi). Sintomo che si trovavano lì, insieme, ma forse non avrebbero voluto essere lì.

Da appassionato di tecnologia seguo con interesse i vari social network e sono iscritto un po’ ovunque (Facebook, Twitter, Instagram, ecc.) ma a parte le foto, ho quasi cessato di utilizzarli se non per pubblicare qualche contenuto testuale perché mi piace scrivere e qualche fotografia di paesaggi. Proprio perché mi piace scrivere preferisco questo tipo di soluzione (il blog, intendo) rispetto al resto.

La frequentazione iniziale, sulle ali dell’entusiasmo, è diventata sempre meno assidua per diversi motivi tra cui, il principale, è appunto il rischio di minare i rapporti umani privilegiando qualcosa che – in termini pratici – non esiste (o esiste di nascosto). Naturalmente non parlo delle conoscenze decennali per cui, fondamentalmente, un social network sarebbe superfluo.

I Social possono costituire un ottimo strumento, se utilizzati nel modo corretto e non invasivo e, soprattutto, non esasperato.

Servono come vetrina per le aziende, per costruire una rete di conoscenze, per restare aggiornati sugli eventi (Twitter in questo resta il mio preferito), condividere una canzone che si vorrebbe far ascoltare anche ad altri o la foto di un particolare momento.

Poi ci sono gli esibizionisti che hanno la frenesia di essere presenti, assetati di una presunta fama che deriva dai “Mi piace” o dal numero di contatti. Quelli che cercano consensi, quelli che cercano alternative alla loro situazione o allacciare rapporti che vorrebbero trasformare da virtuali a reali fingendo totale innocenza.

Tizio/a ha messo “Mi piace” ad una foto di donna/uomo, un cuoricino, mi manda un bacio: c’è un pertugio in cui ci si può infilare! Una situazione che potrebbe sembrare estrema, in realtà non lo è.

Chi stia pensando all’esagerazione si ricreda perché sta per indossare la maschera dell’innocenza: da una parte o dall’altra c’è un motivo che va oltre il semplice commento ma che, all’apparenza pubblica, si ferma a quello. Perché poi c’è tutto il resto, nascosto. Ma tutto parte dal Social.

Che senso ha avere millemila contatti su un social network quando poi non si parla a chi ci sta di fronte? O peggio, non si parla a chi sta di fronte perché prima si deve rispondere al commento di qualcun altro?

Io, a parte qualcosa e oltre al discorso professionale, ho quasi smesso la frequentazione. Leggo le notifiche che mi arrivano, sporadicamente rispondo a qualche post ma mi limito a quello.

Posso pubblicare un aggiornamento di natura personale e neutrale per raggiungere tutti in un attimo ma se volessi far sapere qualcosa a qualcuno lo chiamo, lo incontro, gli scrivo ma non dove tutti leggono tutto e commentano magari senza comprendere fino in fondo il senso di un intervento e che possono utilizzare per dire/fare/baciare/lettera o testamento.

Continuerò a farlo per non erigere un personale muro che allontana le persone vicine e ne avvicina altre. A meno che lo scopo sia esattamente quello, per tutti i motivi che si vogliono trovare.

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