Tutto a posto o tutto apposto? La forma corretta della grammatica italiana per indicare che qualcosa va bene qual è?

Tutto a posto. Abbiamo una delle lingue più belle del mondo, con una grammatica articolata tra accenti e tempi verbali che ci permette di conferire ad ogni frase una sfumatura unica e meravigliosa, andando ad indicare il particolare esatto che si voglia descrivere.

Eppure la buttiamo nella spazzatura tra televisione, dove il linguaggio dev’essere immediato, giornali e giornalisti che dovrebbero utilizzare quasi un linguaggio aulico ma che sbagliano i congiuntivi (per esempio), siti internet e blog che preferiscono la “k” piuttosto che “ch” o la Q, come se scrivere “perké” servisse per abbreviare o accelerare la comunicazione.

Ma al di là di questo, c’è l’uso sconsiderato di una frase che, proprio non riesco a tollerare: apposto invece che “Tutto a posto“.

Potrei trovarla anche nel miglior libro di sempre, nel miglior blog di sempre ma, per quanti post incredibili e immagini stupende mi proponga, finirebbe irrimediabilmente in fondo alla mia scala d’interesse.

Così come l’uso dello stesso termine in un sms o in una mail. Naturalmente non lo posso far notare perché di errori ne commetto un’infinità io stesso che non mi posso permettere di correggere qualcuno come me o più famoso di me. Le volte che ci ho provato, buttandola sullo scherzo, è finita che l’altra persona si è offesa, per cui evito con cura di far nascere polemiche.

In forma anonima però posso farlo notare senza voler rientrare nella categoria Grammar Nazi anche se, in difesa della nostra lingua o di alcune sfaccettature, non mi dispiacerebbe far parte di quello schieramento.

Insomma, a meno che tu (generico) non stia scrivendo un articolo in dialetto, nel dialetto del tuo paese, della tua città o della tua provincia, adottando le cosiddette licenze poetiche, non puoi scrivere “tutto apposto” per indicare che “qualcosa va bene così/basta così“.

Tutto apposto è corretto solo quando ci si riferisce al participio passato del verbo apporre e non in risposta alla domanda “Come va?/Come stai?

Apporre significa «attribuire, imputare, porre sopra o sotto, indovinare» e lo stesso significato viene mantenuto anche al participio passato. Quindi apposto non può essere utilizzato come risposta alla domanda di prima. Anche in termini di risparmio di tempo non se ne trae alcun vantaggio. “Tutto a posto” conta 13 battute (lettere e spazi) mentre, pensate, “Tutto apposto” ne conta ben altre 13. Uguali.

Solo che ad un messaggio, ad una mail, ad un commento su Facebook, non vi sognereste mai di rispondere ad un vostro amico che vi chiede del vostro stato d’animo “Tutto collocato nelle giusta posizione, grazie“per non essere considerati in preda alla follia. Quella che nel parlato sembra una parola unica, apposto, in realtà comprende due spazi. Solo che, se in un dialogo gli spazi non vengono precisati, nello scritto hanno un senso.

Purtroppo il raddoppiamento della lettera P non viene considerato errore dai correttori automatici di smartphone o del computer perché apposto esiste e l’intelligenza artificiale non è ancora tanto sviluppata da poter cogliere la differenza e suggerire la correzione in base al contesto.

Però, volendo rispondere alla domanda “Come stai?“, la risposta giusta – se fosse davvero così – sarebbe “Tutto a posto!

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