Bellissimo dialogo tra professore e studente sul significato della parola Amore.
— “Professore, Sono un casino totale, non faccio bene niente…”
— “Hai presente cosa dicevano i latini, no? Si vis amari, ama“.
— “Ma quella è una cazzata, non vuol dire niente…”
— “Grazie che non vuol dire niente, non significa niente se non sai cosa voglia dire”
— “Se vuoi essere amato, devi amare. E che vuol dire?”
— “Da dove viene la parola Amore?”
— “Lo so! Da A-Mors, senza morte, perché è eterno!”
— “Certo, se i latini avessero lavorato per i baci Perugina, ti avrei dato pure ragione. Poetico, ma non vuol dire niente. Però, per quanto sballato, ci sei andato vicino.”
— “Eh? Non viene da lì?”
— “No. Viene dal sanscrito. Kama. Stessa radice di Kama-sutra, presente?”
— “Non è quel libro del sesso…?”
— “Sì. Quello magari te lo spiego un’altra volta perché altrimenti t’incasini. Allora, Kama è il desiderio. Viscerale, assoluto, totalizzante, che ti trascina e ti fa risplendere dentro di passione. Non ha alcun valore temporale, non ha alcuna valenza introspettiva. E’ puro desiderio, che scollega il cervello e fa ragionare solamente con il cuore. Ci sei?”
— “S…sì”
— “Bene. Da quanto facciamo lezione assieme?”
— “Due anni?”
— “Ecco. Ed in due anni che ti ho detto dei latini? Che se vogliono dire qualcosa…”
— “…scelgono sempre le parole adatte.”
— “Esatto. Erano persone semplice i latini, quindi non avevano voglia di mettersi ad interpretare troppo ciò che scrivevano. Se usano un tempo verbale, è perché ha quello scopo in quel momento. Stesso per le parole. Se volevano dirti che Amare è una faccenda in cui ci metti la testa, usavano Diligere, che vuol dire scegliere l’oggetto della propria passione, letteralmente. Invece usano Amare, che vuol dire appassionarsi senza nessuna base razionale dietro. Ci sei?”
— “Sì, e allora?”
— “E allora, prendi quella frase. Si Vis Amari Ama. Sai realmente che vuol dire?”
— “No…Cosa?”
— “Intanto è una cosa potenziale: Si. “Se.” Nessuno ti obbliga, la prima parte è un’ipotesi che ti buttano lì. Se, ma non è che detto alla fine. Ma se proprio ti svegli un giorno e decidi, allora. Poi hai Vis. Vuoi. Volere per i latini è sempre un verbo a doppio taglio. Per loro ogni volta che uno vuole qualcosa, deve dare una contropartita in cambio, pagarne il prezzo. Erano affaristi in fondo, anche nella loro vita. Sapevano che i piatti della bilancia sono sempre due, e che se metti il peso su uno, devi mettere il peso sull’altra. Quindi già con queste due parole, ti stanno avvisando che c’è un prezzo da pagare. Se Vuoi… Allora paga. Ma se vuoi cosa? Non ti dicono “Se vuoi amare”. Non è che ti stanno dando un consiglio immediato su come fare qualcosa. Il consiglio che ti danno, l’ipotesi, è tutta al passivo.”
– “…”
– “Quindi ti stanno spiegando non come fare a muoverti per avere una cosa, ti stanno spiegando come fare se vuoi che qualcosa ti torni indietro. “Se vuoi essere amato”. Un’azione tutta al passivo, Amari è un passivo, vuol dire che tu la subisci – positivo o negativo non importa, sempre subire è – quest’azione. E per questo ti mettono il se ed il vuoi all’inizio. Vuoi davvero essere amato? Vuoi prenderti questo peso sulle spalle? Vuoi davvero rischiare così tanto?”
— “…sì”
— “Bene. Allora SE vuoi essere amato…”
— “Ama”.
— “Esatto…”
— “Ma che vuol dire?”
— “Ora te lo spiego. Che tempo è Ama?”
— “Pres…no, è imperativo.”
— “Esatto. E’ un ordine. Ti hanno dato il consiglio iniziale, e ti hanno messo implicita la domanda: vuoi davvero? Tu hai risposto sì. Ed allora Ama. Non è un qualcosa che puoi fare. All’inizio ti hanno buttato il presente, Vis, non Vellem, non Velim. Non è un «nel caso tu volessi…» è proprio «Se tu, ora, in questo preciso momento, da adesso in poi, VUOI essere Amato, allora Ama». Nessuna via di mezzo, nessuno spazio temporale, né spazio di manovra. Non è un contentino né una soluzione di comodo. E’ un maledetto ordine, e tu lo devi eseguire. Chiaro?”
– “Sì”.
– “Ha un complemento questo imperativo?”
— “Ehm…No?”
— “No, non ce l’ha. E non è neanche sottinteso. Non è un «ama gli altri». Se ne fottevano degli altri i latini in questo genere di situazioni, non si facevano pippe mentali come ce le facevamo noi. Ti dicono Ama. E la prima cosa che questo imperativo implica è l’universalità. E l’universale per i latini, piccoli adorabili bastardi egocentrici, parte da noi. Quindi se proprio ti piglia che un giorno ti svegli e dici che vuoi essere amato, devi iniziare ad amare te stesso. Tutto qui. Nessun giro di parole. Sta tutto in quella frase, che non è una cazzata. Può essere impossibile, ma è anche vera. Sai perchè è vera?”
— “Perché?”
– “Perché quando tu parli di qualcosa che ami, in cui hai messo tutta la tua passione, tutto il tuo desiderio, tu – come chiunque – ti illumini. Se parli della tua squadra di calcio, se parli di un cantante, se parli di una ragazza… Brilli. Perchè? Perchè ami ciò di cui parli. E quindi lo stesso oggetto del tuo amore agli occhi degli altri sarà più facile da amare, perché l’hai reso te degno di tale attenzione. Quindi se vuoi che gli altri ti amino, devi iniziare a considerare te stesso da amare. In modo tale che parlando di te agli altri, o mostrandoti agli altri, tu possa risultare da amare. E’ tutto qui il senso di «Si vis amari, Ama». Domande?“