Octavius, la nave scomparsa per oltre quattordici anni e scoperta nell’Oceano Artico, molto distante dalla rotta che avrebbe dovuto compiere.
Octavius è il nome di una goletta definita fantasma, che rientrano tra le leggende miste a storia, narrate nei racconti intorno al fuoco. Alcune storie che si tramandano sono frutto di pura fantasia mentre altre contengono parti reali e rientrano tra i grandi enigmi della storia.
Goletta Octavius, che tipo di imbarcazione era?
Una goletta, come l’Octavius di cui si parla in questo post, è un tipo di imbarcazione a vela con almeno due alberi dove l’albero di poppa è definito maestro, più alto di quello di prua, chiamato trinchetto.
Le vele si trovano sia a prua che a poppa e possono essere di tipologie diverse.
Le golette erano molto diffuse nel bacino del Mediterraneo e fanno ancora parte della cultura marinara. Si tratta di imbarcazioni veloci e molto manovrabili. Venivano utilizzate per scopi commerciali e militari.
Passaggio a Nord Ovest
Tutti i marinai, nei tempi antichi, sognavano di trovare il famoso “passaggio a Nord Ovest” che, oltre a dare il titolo ad una famosa trasmissione di Alberto Angela, veniva definito come il “passaggio maledetto”, una rotta navale che avrebbe dovuto collegare gli oceani Atlantico e Pacifico attraverso il Mar Glaciale Artico.
Individuare questo passaggio costituiva una missione estremamente rischiosa per via dei ghiacci presenti che avrebbero potuto intrappolare le imbarcazioni per diversi mesi.
Si trattava di un viaggio da intraprendere in estate quando lo stretto di Lancaster presentava condizioni meteo favorevoli per evitare, appunto, che le temperature glaciali rendessero impraticabile la rotta.
Octavius, dalla Cina senza ritorno
La storia della goletta Octavius iniziò nel 1761 quando, sotto il comando del capitano Hendrick van der Heul, salpò da Londra per raggiungere la Cina dopo diversi mesi di navigazione.
Scopo del viaggio era di carattere prettamente commerciale. La goletta avrebbe compiuto il suo viaggio per riempire la stiva di prodotti orientali da riportare a Londra perché fossero rivenduti nei vari mercati, approfittando del fascino dell’esotico, ai tempi ancora una caratteristica rara che rendeva ogni oggetto particolarmente prezioso.
Nonostante la lunga distanza e la durata del viaggio, con tutti i rischi che questo potesse comportare, il viaggio d’andata si concluse positivamente e l’Octavius portò a termine la prima metà della missione. Dopo aver imbarcato le merci ed aver provveduto al rifornimento di acqua e cibo, il capitano diede inizio al viaggio di ritorno che non si concluse mai. O meglio, non si concluse nei termini prefissati. La nave non riuscì mai a raggiungere le coste inglesi, perdendosi nel nulla.
In mancanza di elementi ufficiali, il confine tra realtà e leggenda è sempre labile ed è facile, camminando sul sottile filo che le divide, cadere da una parte o dall’altra. Quel che è certo è che lo spirito di avventura ha sempre caratterizzato l’uomo nel corso della sua storia e, quando si parla di mare, le sfide si susseguono.
Negli anni in cui si parla dell’Octavius, le compagnie di navigazione facevano a gara per assicurarsi la via più breve che collegasse i due grandi oceani. Questo garantiva importanti vantaggi economici sulle rotte commerciali che univano l’Europa e la misteriosa Asia.
L’avvistamento della goletta Octavius
Le ultime notizie dell’Octavius riguardano la partenza per il viaggio di ritorno verso l’Inghilterra dove, appunto, non arrivò mai.
Ma tredici anni dopo essere salpata dalla Cina, l’equipaggio della baleniera groenlandese Herald avvistò qualcosa di insolito tra le acque dell’Oceano Atlantico settentrionale. Durante le operazioni di pesca, in un silenzio surreale, la vedetta annunciò la presenza di una nave.
A qualche chilometro di distanza, di fronte alla baleniera, si potevano scorgere gli alberi di una nave che sporgevano dalla punta di un iceberg. In fretta gli uomini dell’Herald misero fine alla loro caccia e si orientarono verso l’iceberg, trovandosi di fronte una goletta a tre alberi con le vele strappate e consumate dal vento e dal tempo, lo scafo danneggiato ma, soprattutto, senza che ci fossero segnali di vita.
Avvolta da un pesante strato di ghiaccio, la sagoma dell’Octavius brillava come un vetro.
Ogni tentativo di richiamo fu vano, l’equipaggio dell’Herald non ottenne mai alcune risposta che desse indicazioni della presenza di superstiti a bordo della goletta.
La nave fantasma intrappolata tra i ghiacci
Raggiunta la goletta, il capitano della baleniera diede ordine di calare la scialuppa per poter ispezionare la nave intrappolata, chiedendo la partecipazione di almeno otto volontari.
E’ vero che gli uomini di mare sono considerati molto coraggiosi, viste le sfide che si trovano ad affrontare combattendo contro insidie e forza della natura. Ma per quanto possano essere coraggiosi, sono anche molto superstiziosi.
Un esempio riguarda la leggenda, anche in questo caso, dei tatuaggi che dovrebbero essere in numero dispari secondo tradizioni marinaresche. I marinai erano soliti farsi tatuare qualcosa prima della partenza, qualcosa all’arrivo a destinazione e completare la trilogia al ritorno dal loro viaggio: questo significava che erano riusciti a tornare a casa sani e salvi.
Ecco, i marinai dell’Herald non si offrirono volontari per ispezionare l’Octavius perché credevano che imbarcarsi su quello che sembrava un relitto fosse sinonimo di sciagura. Così il comandante, approfittando dell’autorità del ruolo, scelse personalmente i volontari e raggiunge la misteriosa imbarcazione scoprendone il nome: Octavius.
Un nome sconosciuto per chi era solito avventurarsi nei mari del Nord.
A bordo, il comandante ed i volontari furono accolti dal silenzio, rotto solo dal sibilo del vento che fischiava tra gli alberi, gonfiando e sgonfiando quel che restava delle vele. Il legno della goletta cigolava e strideva ad ogni passo senza la presenza di vita. La nave sembrava abbandonata.
Facendo attenzione a muoversi con cautela sul legno coperto dal ghiaccio, gli uomini guidati dal capitano Warren raggiunsero le cabine scoprendo che, nelle cuccette, sotto diversi strati di coperte, c’erano ventotto marinai congelati.
Le rigide temperature avevano conservato perfettamente i loro corpi in posizioni naturali, come se la morte li avesse colti durante il sonno. Anche il capitano dell’Octavius fu trovato congelato alla scrivania, con la penna in mano, come se stesse cercando di scrivere qualche nota sul diario di bordo.
Oltre a loro furono rinvenuti i corpi di una donna, stesa su una barella e un bambino piccolo abbracciato ad una bambola di pezza. Poco distante un uomo, congelato, con una pietra focaia e una barra di metallo in mano, perito nel tentativo di accendere un fuoco che avrebbe potuto alimentare la possibilità di sopravvivenza.
Mistero del diario di bordo
Nonostante il parere contrario dei marinai che, dopo la macabra scoperta, avrebbero voluto tornare a bordo della baleniera, il capitano Warren decise di completare l’ispezione della goletta, spingendosi anche nella stiva e scoprì che non era rimasto nulla delle riserve di cibo e acqua imbarcate per il viaggio.
Ordinò che venisse prelevato il diario di bordo e gli uomini tornarono a bordo dell’Herald, allontanandosi dal punto di ritrovamento. Una volta a bordo della baleniera, il capitano esaminò il diario di bordo scoprendo che mancavano la prima e l’ultima pagina.
Molto probabilmente le due pagine erano rimaste incollate alla superficie ghiacciata della scrivania del capitano oppure erano cadute in acqua durante il passaggio da un’imbarcazione all’altra. Quel che più sconcertò il capitano Warren fu leggere che la goletta era partita dall’Inghilterra per raggiungere la Cina quattordici anni prima.
Quella che era diventata l’ultima pagina del diario riportava la nota del capitano: «Siamo intrappolati nel ghiaccio da 17 giorni. La nostra posizione approssimativa è 160 gradi longitudine Ovest, 75 gradi longitudine Nord. Il fuoco si è spento ieri e non ci sono grandi speranze di riaccenderlo. Il figlio di uno dei marinai è morto questa mattina, sua moglie dice di non sentire più il freddo, cosa che il resto di noi non può dire».
Fatto strano è che le coordinate indicate dal capitano dell’Octavius indicano che la nave era rimasta intrappolata nel ghiaccio a centinaia di miglia dalla posizione in cui era stata avvistata dalla baleniera. La goletta aveva presumibilmente attraversato il passaggio a Nord Ovest quando tutto l’equipaggio era già morto. Probabilmente il capitano aveva deciso di effettuare una variazione di rotta per avventurarsi nella ricerca del passaggio piuttosto che percorrere la rotta prestabilita, circumnavigando il Sud America.
La sfortuna del capitano coraggioso fu quella di aver trovato il famoso passaggio ma senza che potesse raccontarlo né scriverlo e la goletta percorse quasi autonomamente la rotta tracciata dal comandante, senza riuscire a superare la furia degli elementi della natura.
La storia dell’Octavius, come si diceva all’inizio, fa parte di quelle storie che possono essere vicine alla realtà o essere catalogate come leggende visto che non ci sono prove a conferma dell’autenticità del racconto.
Ma resta una storia da raccontare, tra i brividi.