Lapalissiano, storia di un aggettivo che nasce riferito a Jacques de La Palice ed è frutto di una grande svista.

Lapalissiano. Quante volte, nel corso della vita o degli studi, ti sarà capitato di sentire o utilizzare questo aggettivo per indicare qualcosa di ovvio e scontato?

Ebbene, sappi che la storia di questo aggettivo è tutta diversa da come si possa pensare.

Lapalissiano, derivazione del termine

L’aggettivo lapalissiano, conosciuto anche come “verità lapalissiana” o “verità di La Palice“, deriva da Jacques II de Chabannes de La Palice (modernizzato in Lapalisse).

Jacques II de Chabannes fu un militare, maresciallo di Francia, signore di La Palice, Pacy, Chauverothe, Bort-le-Comte e Le Héron.

Combatté al servizio del Re di Francia per oltre quarant’anni fino a che, nella battaglia di Pavia del 1525, si arrese e venne assassinato pur avendo deposto le armi.

Un combattente, dunque, la cui storia probabilmente sarebbe stata dimenticata come quella di tanti caduti per difendere patria o il proprio sovrano.

Ma questo non è il caso di Jacques de La Palice.

Lapalissiano, errore sulla lapide

Furono i suoi uomini a voler ricordare il suo valore in battaglia e gli dedicarono una cantica che sarebbe dovuta essere incisa sulla lapide.

In francese i versi citavano:

Hélas, La Palice est mort,
il est mort devant Pavie;
hélas, s’il n’estoit pas mort
il ferait encore envie.

Che tradotto in italiano diventa:

Ahimè, La Palice è morto,
è morto davanti a Pavia;
ahimè, se non fosse morto
farebbe ancora invidia.

Una bella dedica, sicuramente. Ma qui arrivò l’errore, senza sapere a chi attribuire la colpa se non all’incisore.

Infatti non si sa se questi fosse distratto, ubriaco o nutrisse antipatia nei confronti di La Palice, fatto sta che sulla lapide la parola envie (invidia) venne scritta con lo spazio (en vie, in vita). E il verbo “ferait” (farebbe) fu inciso come “serait” (sarebbe) forse per via di una somiglianza tra la lettera “f” e la lettera “s”.

La risultante fu quello che è stato tramandato ai nostri giorni, da cui appunto è derivato l’aggettivo che significa ovvio, scontato. Anzi, ancora di più.

Dall’errore infatti emerge una tautologia, perché la cantica sarebbe:

Ahimè, La Palice è morto,
è morto davanti a Pavia;
ahimè, se non fosse morto
sarebbe ancora in vita.

Adesso l’origine di Lapalissiano è molto più semplice da comprendere, proprio per l’errore passato alla storia “se non fosse morto, sarebbe ancora in vita” e che ha portato La Palice ad essere ricordato per questo e non per le sue gesta.

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