Fino a qualche anno fa non mi sono mai posto il problema dell’alfabeto. Poi da quando nella mia vita sono entrati i bambini, mi sono dovuto scontrare con la realtà delle scuole elementari.
Pensavo che uno dei capisaldi della scuola, l’alfabeto appunto, fosse una di quelle cose che non sarebbe mai cambiata da come l’ho imparato io e tutti quelli prima e dopo di me.
A, Bi, Ci, Di, E, Effe, Gi…
Non so fino a quale anno l’alfabeto veniva insegnato così e tutti, fino a quel momento, abbiamo sempre scritto correttamente le parole che ci venivano dettate.
La maestra, mamma o papà dicevano «scrivi… Ci, A, Esse, A» e noi puntualmente, con più o meno sicurezza nell’impugnare matita o penna, scrivevamo «casa». Non ricordo di aver mai visto o sentito nessuno che, sotto dettatura, scrivesse «ciaessea».
Qualche anno fa mi sono cimentato con il tentativo di insegnare l’alfabeto e la bambina a cui spiegavo le lettere mi guardava stralunata, come se stessi parlando una lingua straniera e mi chiedeva «Cos’è ci?». Io sono rimasto sbigottito, forse più di lei «Come cos’è Ci? La lettera C!».
Non la conosceva. Perché a scuola non si pronuncia “Ci” ma “Cc” (non saprei come trascrivere la pronuncia comunque una cosa tra una doppia C e una Ch).
Per forza di cose mi sono dovuto adattare al nuovo metodo, anche per non creare confusione nella sua testa. Giustamente a casa non si possono praticare insegnamenti diversi dalla scuola, per non complicare l’apprendimento. Però non sono mai stato totalmente convinto dell’efficacia del nuovo metodo.
Ne ho parlato con una maestra che ha cercato di giustificare questa nuova pronuncia con l’esempio della parola “mamma”. Dicendo “mamma” il bambino non dice “emme a emme emme a” ma dice “Mm a mm mm a” (interpretate le doppie come una specie di muggito…) per cui non si dice “emme di mamma” ma “Mm di Mamma”.
Qualche giorno fa però è venuto a galla uno dei limiti di questo nuovo modo di insegnare l’alfabeto, in ben due casi distinti e non collegabili tra loro.
Nel primo la bambina ha scritto “Oci” sul foglio. Nel secondo un bambino ha scritto “inciostro“. Però alla lettura le loro parole apparivano corrette. Infatti, con la nuova pronuncia, “Oci” si leggerebbe “O ch i” (lasciamo stare l’errore della doppia C), “inciostro” si leggerebbe “In Ch iostro“.
Vai a spiegare che ci vuole la H se in lettura la nuova versione di “Ci” sembrerebbe includerla di natura con il suono emesso.
Per cui credo che tutto il presunto vantaggio ottenuto da una parte, si perde dall’altra. E ne valeva davvero la pena?
La nuova pronuncia non crea ancora più confusione, considerando che la H, muta o non muta, è presente nell’alfabeto e ha comunque la sua importanza?
Il Consiglio della ICAO adotta degli STANDARD e delle raccomandazioni riguardanti la navigazione aerea e l’aviazione civile… tra cui lo standard fraseologico aeronautico internazionale: l’Alfabeto fonetico NATO internazionale!
a bi ci
EI BI CI
…
Se l’Italia non rispetta lo STANDARD, non solo non rispetta la convenzione dell’aviazione internazionale civile, MA! è come se si autoimpedisse di VOLARE NEI CIELI INTERNAZIONALI!
OH, KIELO!
Ma chi l’ha messa sta PORCATA?!
Ciao Roberta! Sapevo dell’alfabeto fonetico internazionale ma tra quello e quello insegnato a scuola, preferisco sempre quello NATO.
Almeno ha un senso, anche per il futuro.
Questo invece è un casino, soprattutto per chi deve imparare.
Un adolescente o adulto poi si adatta ma un bambino finisce col non capire più niente…