La Pérouse avrebbe dovuto compiere la sua esplorazione in quattro anni, con partenza e ritorno in Francia dal 1785 al 1789. Ma sia le due navi che i 400 uomini dell’equipaggio non furono mai più trovati.

La Pérouse, in viaggio alla scoperta del Grande Mare del Sud

Il primo agosto del 1785, l’ammiraglio francese Jean-Françoise de Galaup, conte di La Pérouse, annunciava al re di Francia, Luigi XVI, di aver lasciato il porto di Brest con l’intento di attraversare l’Oceano Atlantico per raggiungere il Grande Mare del Sud, ovvero l’Oceano Pacifico.

Ho l’onore di annunciare che La Boussole e L’Astrolabe hanno preso il mare questa mattina alle quattro con il favore dei venti di Nord-Ovest. Due corvette sono state incaricate di scortarle fino al mare aperto. Con questo messaggio ha inizio il viaggio intorno al mondo del navigatore, cartografo ed esploratore francese.

Scoperto tre anni prima dall’esploratore spagnolo Balboa, l’Oceano Pacifico era stato esplorato in tutta la sua grandezza dall’inglese James Cook circa cinque anni prima. La spedizione del francese doveva servire al proprio paese ad allinearsi con la Gran Bretagna che all’epoca era la più grande forza marinara.

La Pérouse, un navigatore esperto

Alla partenza da Brest, La Pérouse aveva 44 anni e si trovava al culmine di una carriera marinara iniziata quando aveva 15 anni, allo scoppio della Guerra dei Sette Anni tra Francia e Inghilterra quando si era imbarcato come cadetto.

Dopo aver combattuto diciotto battaglie al servizio del suo paese, nel 1783 aveva deciso di ritirarsi nei possedimenti della famiglia nella Francia meridionale ma fu presto richiamato per una spedizione organizzata per scoprire le terre che erano sfuggite all’inglese Cook.

Per la spedizione nell’Oceano Pacifico la Francia non aveva risparmiato risorse: sulle due fregate, la Boussole e L’Astrolabe da 500 tonnellate, erano state imbarcate provviste per quattro anni e le navi erano state dotate delle carte nautiche con le registrazioni dei viaggi precedenti. Inoltre era stato installato un osservatorio portatile. Come merce di scambio per le popolazioni indigene che avrebbero incontrato furono stivati 600 specchi, 2600 pettini, perline di vetro e aghi per cucire.

L’arruolamento dei 400 uomini fu difficile per via dell’alto numero di richieste. Tra queste spiccava la figura di un sottotenente sedicenne che fu scartato e costretto a rimanere a terra, il militare Napoleone Bonaparte.

Il primo agosto del 1785 , tra le ovazioni della folla presente al porto, partì ufficialmente la missione di La Pérouse.

La prima disgrazia in Alaska

A gennaio dell’anno successivo le due navi, dopo aver fatto tappa in diverse isole dell’Atlantico durante il viaggio, raggiunsero e superarono Capo Horn, entrando nell’Oceano Pacifico. Dopo una breve sosta a Valparaiso, ad aprile le navi raggiunsero l’Isola di Pasqua. La tappa successiva fu Maui, nelle isole Hawaii, scoperte da Cook otto anni prima e luogo in cui l’inglese trovò la morta per mano degli indigeni locali.

Il monte Saint Elias, al centro del Golfo dell’Alaska, fu il primo avvistamento dell’equipaggio di La Pérouse della costa nordamericana ma qui avvenne la prima disgrazia. Due battelli da ricognizione che stavano scandagliando l’ingresso di una baia, furono rovesciati dalle onde e ventuno marinai, compresi sei ufficiali, vennero inghiottiti dalle acque.

Nonostante la tragedia la spedizione non si fermò e il viaggio proseguì verso sud, lungo la costa, fino alla California. Da questo punto la spedizione puntò a Ovest, attraversando il Pacifico, fino alla colonia portoghese di Macao, in Cina.

Sistemate e rifornite le due navi, la spedizione riprese le acque con l’intenzione di definire la mappa della costa asiatica, avvicinandosi a Taiwan e poi alla Corea quindi lungo lo stretto che separa il Giappone dalla Russia. Verso la fine dell’estate le navi raggiunsero la penisola del Kamchatka dove La Pérouse fece scendere un ufficiale che parlava russo con il compito di tornare in Europa e consegnare i rapporti redatti fino a quel momento.

L’incidente e il silenzio

Nel settembre del 1787 la spedizione aveva raggiunto le Samoa Americane per rifornirsi di acqua potabile ma qui fu assalita dalle tribù indigene che con bastoni e pietre uccisero dodici uomini dell’equipaggio, tra cui il capitano dell’Astrolabe e comandante in seconda della spedizione. Gli altri uomini sbarcati riuscirono a mettersi in salvo a nuoto tornando sulle navi e i francesi batterono in ritirata, puntando verso la costa orientale dell’Australia.

Entrando nella Botany Bay  nel 1788 gli equipaggi notarono con sorpresa la presenza della Prima Flotta inglese, composta da sette vascelli, che aveva trasportato uomini, donne e bambini per colonizzare la terra. Agli inglesi di ritorno in patria La Pérouse affidò gli ultimi rapporti di navigazione e un messaggio in cui il comandante stimava il rientro per l’estate dell’anno successivo. Difatti nella primavera le navi ripartirono con l’intenzione di far ritorno in Francia ma nessuno le vide più. Svanirono letteralmente nel nulla.

Il fallimento del salvataggio

Dopo due anni dall’ultimo messaggio fatto recapitare da La Pérouse la Francia, che aveva vissuto un periodo di grande fermento con l’assalto alla Bastiglia che diede inizio alla rivoluzione, decise di destinare una ricompensa a chi portasse notizie della spedizione francese nel Pacifico.

Il contrammiraglio Antoine-Raymond-Joseph de Bruni d’Entrecasteaux partì da Brest con due navi per andare alla ricerca di notizie o resti di La Pérouse. Setacciando l’oceano fece una grande quantità di scoperte di interesse scientifico e geografico fino a quando giunse nell’isola di Vanikoro, a nord-est dell’Australia.

Venne notato del fumo che si sprigionava da diverse alture dell’isola e gli equipaggi pensarono che potesse trattarsi di una richiesta d’aiuto formulata con i segnali di fumo. Potevano essere i naufraghi della spedizione precedente? Purtroppo le cattive condizioni del mare e soprattutto il pericolo di incagliarsi nella barriera corallina della zona costrinsero il contrammiraglio a dare ordine di allontanarsi dalla zona senza nemmeno tentare di raggiungere l’isola con un battello. Dopo poco il comandante si ammalò e morì, le navi vennero catturate dagli olandesi e la Francia rinunciò ad ogni altro tipo di ricerca.

I primi indizi di La Pérouse dopo quarant’anni

Nel 1826 un irlandese, Peter Dillon, durante la ricerca di zone commerciali attraverso l’Oceano Pacifico raggiunse un’isoletta, Tikopia, nell’arcipelago di Santa Cruz. Sbarcato a terra notò che gli indigeni indossavano collane di perle di vetro e altri oggetti di chiara provenienza europea, in particolare gli furono mostrati un cucchiaio ed una forchetta d’argento, tazze da the, bulloni in ferro e il fodero di una spada che riportava l’incisione “J.F.G.P”. Gli oggetti risultarono lo scambio commerciale con il popolo che abitava l’isola di Vanikoro, poco distante.

L’irlandese capì che le iniziali indicavano il nome di Jean-Francoise de Galaup de La Pérouse. Dopo diversi tentativi, Dillon raggiunse Vanikoro e, stando al racconto di un indigeno, molti anni prima due navi si erano incagliate nelle secche dell’isola dopo una tempesta. Una era affondata e gli uomini dell’equipaggio erano annegati o divorati dagli squali ma l’altra rimase a galla e l’equipaggio riuscì a salvarsi, costruendo con il legno della nave una piccola imbarcazione con la quale ripresero il mare.

Due di loro erano invece rimasti ed avevano deciso di vivere lì. Gli uomini di Dillon trovano tracce della presenza francese in diversi oggetti presenti tra cui una campana di bordo che aveva inciso il giglio di Francia.

La prova definitiva

Dillon fece poi ritorno in Europa e portò a Parigi i ritrovamenti dell’isola Vanikoro. Incaricato ad autenticare i reperti fu l’uomo lasciato a terra nella Kamchatka con il compito di portare in patria i resoconti parziali della missione. Riconosciuta l’appartenenza alla spedizione francese, venne organizzata una missione di ricerca che raggiunse nuovamente l’isola di Vanikoro nel 1828. Gli indigeni mostrarono un canale nella scogliera dove la Boussole, qualche anno prima, si era incagliata nella barriera corallina.

L’Astrolabe che navigava poco distante aveva virato ed era tornata in soccorso della nave compagna, subendo però la stessa sorte. Nel resoconto dell’ultima spedizione il comandante D’Urville scrisse:

Sul fondo del mare, tre o quattro braccia sotto la superficie, i nostri uomini hanno visto ancore, cannoni, munizioni e una grande quantità di lastre di piombo.

I dubbi vennero cancellati quando dal mare vennero recuperati un cannone, un cannoncino girevole in bronzo e un’ancora. Era chiaro che si trattava delle due navi dell’esploratore francese a cui venne eretto un momento alla memoria.

Nonostante tutto nessuno ha mai saputo dire se La Pérouse fu una delle vittime del primo naufragio, se sia riuscito a imbarcarsi nel battello realizzato con il legno della nave arenata o se sia una delle persone rimaste sull’isola. Di lui non c’è più stata nessuna traccia e il segreto resta celato nelle acque dell’Oceano Pacifico.

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