Quella di Quagliarella ieri, con tanto di lettera di scuse pubblicata sul proprio profilo Facebook, è l’ultima di una pratica – il gol dell’ex – sempre più antipatica in uno sport, il calcio, che nonostante io riesca ancora ad amare, fa di tutto per rendersi antipatico.

Calcioscommesse, calciopoli, malafede, buona fede, violenze in campo tra giocatori, contro gli arbitri, tra tifosi, fanno inorridire ogni giorno di più. E poi, anche se decisamente più innocente, arriva questa politica di non esultare nel caso in cui si dovesse realizzare una rete contro la propria ex squadra, il gol dell’ex.

Tu sei un giocatore, un dipendente e giochi per una squadra, realizzi una rete e, per rispetto nei confronti di una tua ex squadra, del tuo ex pubblico, non esulti? Ma scherziamo?

Tu giocatore percepisci uno stipendio che, in parte, è anche pagato da chi viene allo stadio per vederti e non aspetta altro di vedere una tua giocata finalizzata in rete per vederti esultare ed esultare con te e tu ti preoccupi di non offendere qualcuno che gode nel vederti perdere?

Poi, fatto un errore, ne commetti un altro con una lettera di spiegazioni sul tuo gesto, arrampicandoti sugli specchi delle scuse? «Volevo solo dire basta». Basta con questa ipocrisia, piuttosto. Hai segnato? Corri e festeggi come tutte le altre volte, indipendentemente da chi ti trovi di fronte.

Napoli è la mia città. Non solo per colpa mia i rapporti con la tifoseria azzurra si sono deteriorati e questa ostilità la percepisco ogni volta che ritorno a casa. E’ frutto di malintesi, di incomprensioni che un giorno verranno a galla, ma oggi il tema non è questo. Di fronte a un pubblico che per l’ennesima volta offendeva me e la mia famiglia, dopo un gol che attendevo da tempo mercoledì sera l’adrenalina mi ha portato a compiere un gesto che evidentemente non è stato chiaro. Io non ho chiesto scusa ai tifosi del Napoli per aver segnato il rigore: assolutamente no, ci mancherebbe!

In quel frangente volevo soltanto dire: basta ostilità, finiamola una volta per tutte, sono un professionista e in quanto tale faccio il mio dovere, ma contro di voi non ho nulla. Se ho trasmesso altre sensazioni, non solo me ne dispiaccio, ma questa volta sì che chiedo scusa. Chiedo scusa ai tifosi del Toro, perché io sono orgoglioso di indossare questa maglia e sarò eternamente grato al Torino perché dall’età di 14 anni mi ha fatto crescere sia come uomo, sia come calciatore.

L’occasione è preziosa per chiarire un’altra questione importante. Tutti sanno che da qualche anno io non festeggio più i gol realizzati contro le mie ex squadre: non sono l’unico, basta vedere Gilardino o Ilicic ieri, ma voglio parlare solo di me perché non è sempre stato così. Giustamente i tifosi del Toro ricordano un precedente diverso, datato ottobre 2008, quando invece festeggiai con la maglia dell’Udinese la doppietta realizzata contro il Toro. E sbagliai: fu proprio quello il momento in cui realizzai che gioire per un gol segnato a una Società che ti ha dato molto, nei confronti di una tifoseria che ti ha voluto tanto bene, fa due volte male. Non so quale sia la cosa giusta: da molti anni non festeggio i gol alle mie ex ma ovviamente sono contentissimo di farli. Quel che ora mi preme è di far capire a tutti il mio stato d’animo: gioco nel Toro, che da sempre considero la mia seconda casa, ed è con questa maglia che voglio ritagliarmi uno spazio importante.

Chi mi conosce sa quanto sia restio a mettere in piazza le mie emozioni, ma se ho trasmesso un’opinione così sbagliata di me allora è giunto il momento di farlo. Un uomo, quando sbaglia, non deve mai avere paura di chiedere scusa: a maggior ragione se è in buona fede. Chi vuole bene al Toro sa che questo è per noi un momento importantissimo: abbiamo perso per strada qualche punto, vogliamo e dobbiamo andarcelo a riprendere. Se restiamo uniti magari non sarà più facile, ma certamente sarà meno difficile. Il mio impegno non mancherà mai: le parole non contano, sarà il campo a dimostrarlo. Un abbraccio a tutti, Sempre Forza Toro.

Chiaro che non ce l’abbia con Quagliarella in particolare ma con tutto questo sistema che di rispettoso non ha proprio nulla.

Sarebbe ora di smetterla con questa politica di finto perbenismo quando, sul terreno di gioco e fuori, se ne vedono di tutti i colori e l’esultanza sarebbe proprio l’ultima cosa di cui preoccuparsi. Il rispetto, giocatore, portalo verso i tuoi tifosi, quelli che si privano di qualcosa per venire allo stadio a godersi le tue prodezze.

Da tempo non sono più le società a decidere di liberarsi di un giocatore contro la sua volontà ma il contrario e, il più delle volte, avviene per capricci e “mal di pancia” legati alle presenze (giustificabile) o all’ingaggio. Se vuoi rispettare i tuoi tifosi, caro giocatore, accetti le condizioni imposte dalla società (che sembrano molto più che umane) e resti ad indossare quella maglia, per amore dei colori prima che dei soldi.

Se invece scegli di andare via, esulta con quelli che ti aiutano a prendere lo stipendio.

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