Della partita di ieri sera tra Bayern Monaco e Juventus non resta che il rammarico.
Il rammarico per aver messo alle corde per tutto il primo tempo una squadra come quella bavarese che si è trovata di fronte una Juventus senza tre pedine fondamentali ma che ha fatto dell’orgoglio e della grinta due armi formidabili che in pochi, nemmeno i più ottimisti, si sarebbero aspettati.
Solo che la Juventus ha la capacità di non saper chiudere le partite quando le ha in pugno, quando potrebbe stringerlo quel pugno e stritolare un avversario fortissimo ma smarrito, come ieri sera. Manca sempre la lucidità o quel pizzico di cattiveria in più che, come ieri sera, avrebbe potuto mettere la parola fine alla partita già nel primo tempo.
Quando giochi contro Frosinone, Sassuolo o altre squadre di media classifica (con tutto rispetto), riesci anche a permetterti di tirare il freno e portare a casa il risultato. Quando ti trovi di fronte Bayern Monaco o altre squadre di pari livello, una mentalità rinunciataria finisce per costare cara.
Era già successo all’andata, per 60/65 minuti la Juventus è rimasta chiusa nella propria metà campo in balìa degli avversari: 0-2. Quando si è svegliata e ha deciso di mettere fuori la testa, complice anche l’ovvia stanchezza degli avversari, sono arrivate le due reti bianconere. Andare a Monaco di Baviera a giocarsi il passaggio del turno con l’obbligo di segnare per via delle due reti subite a Torino era un’impresa. Mettiamoci poi anche le assenze di Dybala e Marchisio, oltre a quella di Chiellini, e l’impresa si complica ulteriormente.
Nella prima ora di gioco succede quel che non ti aspetti, la Juventus non aspetta dietro la linea di centrocampo, aggredisce, morde e segna. Subito Pogba, a dimostrazione che la difesa dei bavaresi non è forse al livello degli altri reparti. Poi Cuadrado, dopo una cavalcata leggendaria di Morata che parte dalla propria metà campo col pallone al piede e serve il colombiano al limite dell’area. Finta, tiro e rete.
Il risultato potrebbe essere ancora più rotondo se a Morata non venisse fischiato un fuorigioco inesistente dopo un altro errore della difesa bavarese. Ma va bene così. Risultato in cassaforte? Probabilmente. Il Bayern ha avuto qualche sussulto ma tatticamente e moralmente, fino al duplice fischio di fine primo tempo, la Juventus è stata superiore.
Nel secondo tempo invece emergono tutti i limiti che hanno fatto la differenza in questi anni tra la Juventus e le altri grandi d’Europa. I bianconeri arretrano e si chiudono nella propria metà campo. Morata ha ancora il tempo di sbagliare un paio di occasioni prima di uscire e lasciare il posto a Mandzukic che, nei piani di Allegri, forse dovrebbe servire a tenere alta la squadra in un momento di ripiegamento. Il croato però non è in forma e si vede, il suo lavoro sporco lo esegue a metà. Poi fuori anche Khedira per Sturaro per dare sostanza al centrocampo e, verso la fine, anche Pereyra per Cuadrado. Ma le sostituzioni che Allegri decide non sono quelle ideali, vuoi per le assenze, vuoi per la mentalità.
Nel secondo tempo il Bayern si dimostra un toro infuriato e attacca a testa bassa, dovunque, da ogni angolo e la Juventus impatta, resiste ma non reagisce. Anzi, smette praticamente di giocare. Non riesce più a costruire un’azione degna di quel nome, sbaglia passaggi, perde palloni semplici. Spera che la grazia divina possa premiare il primo tempo da eroi. Ma non basta. Il risultato barcolla fino a crollare negli ultimi 20 minuti. Questo è il calcio. Prima Lewandowski riapre la gara e poi Müller la raddrizza, portando le squadre ai supplementari.
Dopo il novantesimo la Juventus si sfalda, si liquefa e Guardiola, che qualcuno accusava di avere già la testa in Inghilterra, si è costruito una reputazione non con le parole ma con i fatti. Legge bene la partita, in panchina ha due elementi che possono cambiare le sorti della sfida e opera i suoi cambi.
I bianconeri non ne hanno più, cercano di buttare il cuore oltre l’ostacolo ma sono ancora i bavaresi a segnare e risegnare. Finisce 4-2, con la Juventus che torna a casa «a testa alta», come dice qualcuno. Per me no.
A testa alta siamo arrivati secondi in Champions League lo scorso anno. A testa alta avremmo passato il turno dopo il primo tempo. Perdere quattro a due, seppur in Germania, seppur dopo aver portato il Bayern a tremare fino ai supplementari ma dopo aver la partita in pugno fa solo aumentare il rammarico. Il rammarico di essere ancora troppo piccoli tra le grandi, non tanto come organico ma come mentalità.
Non si può sperare di giocare a difendersi e nascondersi per un tempo contro una squadra che, già all’andata, ha dimostrato che può ridurre a brandelli l’avversario. Li avevamo imitati e poi ci siamo persi tra i fili d’erba dell’Allianz Arena. Forse con Marchisio e Dybala le cose sarebbero andate diversamente ma non c’erano. Forse con Zaza invece di Mandzukic le cose sarebbero state diverse. Con i se, i ma e i forse si vive di rimpianti.
Resta chiaro ed inequivocabile che la Juventus non sappia “ammazzare” le partite. O forse non tutte. Forse non quelle in cui servirebbe farlo.
Mettiamoci anche, in ultimo e non come scusa, l’arbitraggio che è stato per larga parte a senso unico. Ma io sostengo sempre una tesi che non cambio nemmeno dopo la partita di ieri sera. Se vuoi essere grande, davvero grande, superi le decisioni dell’arbitro e vinci lo stesso. Perché sei forte.
Altrimenti sei eroe per un tempo e codardo per quel che resta. Come ieri sera.