Ivan IV, detto il Terribile, condusse guerre ed una politica di terrore durante il proprio regno ma al momento della morte pianse per le vittime

Ivan IV aveva soltanto tre anni quando, a causa della morte del padre Basilio III, assunse il potere in Russia.

Mentre veniva educato al governo di stato, fu la madre a prendersi cura delle faccende politiche del paese ma, dopo cinque anni, alla morte della donna il giovane Ivan fu al centro di una feroce lotta di potere tra le fazioni di boiardi e all’età di 13 anni fu costretto a prendere la prima decisione importante della sua vita, facendo arrestare e giustiziare uno dei suoi rivali.

I primi anni del regno

Fortunatamente c’era qualcuno che sapeva esercitare su Ivan un’influenza moderatrice, il metropolita Macario della Chiesa ortodossa russa.

A 16 anni, Ivan seguì il suo consiglio su due importanti decisioni per il paese: la propria incoronazione come Zar di tutte le Russie, avvenuta nel gennaio del 1547, e il matrimonio con Anastasia Romanova, celebrato un mese dopo.

Obiettivo di Macario era trasformare Mosca nel centro della cristianità rendendola “la terza Roma” (dopo Roma e Costantinopoli).

L’ecclesiastico infatti sosteneva che «la prima e la seconda Roma sono cadute. La terza esiste e non ce ne sarà una quarta».

Di Ivan IV si diceva che non fosse soltanto l’unico diretto discendente dell’imperatore romano Augusto ma anche il massimo sovrano temporale della cristianità e, a dimostrazione di questo, Macario riesumò diversi documento che raccontavano le storie di santi uomini russi e convocò due sinodi per proclamare nuovi santi.

Oltre all’aspetto religioso erano arrivati i tempi per una riforma politica e, grazie alla guida di alcuni “consiglieri eletti”, Ivan promulgò un nuovo codice, cercò di migliorare le condizioni del servizio militare e conferì maggiore potere ai governi locali.

Per quanto riguarda la sfera personale, il matrimonio dello Zar con Anastasia Romanova fu felice e dalla loro unione nacquero sei figli ma solo due sopravvissero.

La donna sapeva esercitare un’influenza moderatrice sullo Zar, cercando di moderare la sua tendenza all’abuso di alcol, limitare i suoi divertimenti volgari, gli sport crudeli e le esibizione gratuite del proprio potere.

La politica del terrore

Lasciando il governo di Mosca alle cure di Macario, Ivan IV scese in campo contro i Tartari in una serie di campagne, tra il 1547 e il 1552, mirate a distruggere la potenza degli invasori turchi.

Il ritorno trionfale nella capitale russa diede ad Ivan maggiore fiducia nelle proprie capacità, tanto da non temere più le fazioni di boiardi.

I nobili però lanciarono ancora una sfida e quando lo Zar venne colpito da una febbre maligna, gli chiesero di nominare al più presto un successore evitando che fosse scelto Dimitrij per non ritrovarsi ancora con un minorenne alla guida del paese, proponendo in sua vece il cugino Vladimiro verso cui nutrivano maggiori simpatie.

Ivan non solo rifiutò la loro proposta ma convocò i nobili nella propria stanza da letto perché giurassero fedeltà al figlio Dimitrij, baciando una croce.

Successivamente Ivan IV puntò ad ottenere un accesso sul mar Baltico ad un paese che fino a quel momento non aveva sbocchi sul mare.

La situazione rimase bloccata per diverso tempo fino a che fu richiesta la mediazione del Papa Gregorio XIII perché intervenisse con gli avversari Svezia e Polonia.

Durante questo frangente, alla morte di Macario, lo Zar volle rafforzare il potere introducendo l’istituzione chiamata opričnina.

Questa nuova forma di governo rendeva il paese diviso in due parti.

Una era governata secondo le regole tradizionali con l’appoggio dei boiardi mentre l’altra – definita oprič – doveva essere considerata come un possedimento personale dello Zar, presidiata da un’armata che contava da 1000 a 6000 uomini.

Per il popolo russo questo significò l’inizio di un regno di terrore.

Un sovrano folle

La vita familiare di Ivan IV era caratterizzata da caos e tragedia che si riflettevano sulle politiche adottate.

Sebbene fosse particolarmente affezionato ad Anastasia Romanova, due settimane dopo la morte della moglie lo Zar annunciò che si sarebbe risposato anche se il matrimonio sarebbe servito solo per creare un’alleanza politica con la Polonia.

La prescelta, sorella del re di Polonia Sigismondo II Augusto, rifiutò le nozze ed Ivan ripiegò sposando la figlia del capo circasso Temgruk.

Dalla loro unione nacque un figlio che però sopravvisse solo cinque settimane. Alla sua morte lo Zar non mostrò più alcun interesse verso la moglie e dopo che questa morì, si risposò nuovamente.

La terza moglie, Marfa, morì 16 giorni dopo le nozze per un probabile avvelenamento, forse dovuto alla mancanza di rapporti intimi con Ivan.

Nonostante l’aperto contrasto con le leggi della Chiesa, Ivan si sposò ancora – due mesi dopo la morte di Marfa – con una popolana ma avendo scoperto che la donna non poteva avere figli la rinchiuse in un convento.

A lei si susseguirono altre due mogli in rapida successione fino a che Ivan IV sposò Maria Nagaja, figlia di un boiardo.

Nel 1581 il ventisettenne figlio maggiore e omonimo, lo zarevič Ivan, si sposò per la terza volta dopo che le prime due mogli, non gradite allo Zar, furono esiliate.

Anche la terza sembrava non essere di suo gradimento ma quando la biasimò per il suo modo di vestire, intervenne il figlio e ne nacque un duro scontro con lo Zar che colpì mortalmente il figlio con un bastone in testa.

Sopraffatto dal rimorso per il gesto compiuto, Ivan IV iniziò a stilare un elenco delle vittime cadute per sua mano o volontà e arrivò a scrivere oltre 3000 nomi, piangendo per ogni riga redatta.

Al momento della sua morte la copia dell’elenco fu inviata a tutti i monasteri della Russia con la specifica richiesta che tutti pregassero per il riposo di quelle anime.

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