Qualche mese fa stavo provando a pescare nel Naviglio che scorre davanti a casa mia.
Un paio di lanci con il rapala, tanto per cercare di catturare un pesce un po’ consistente da far recuperare a Leonardo.
Lui era in fondo al cortile, nei pressi del garage, pronto a raggiungermi con il guadino nel caso fossi riuscito a catturare qualcosa. Anche di piccolo, non importa. Per lui, più che il pesce, sarebbe stato importante utilizzare il guadino.
Ad un certo punto mi chiama, gridando: «Papaaaaaaaaaaaà!» e ancora grida, correndo verso di me: «Papaaaaaaaaà!»
Pensando che fosse successo qualcosa, abbandono la canna e mi dirigo verso di lui mentre mi raggiunge e mi abbraccia le gambe, felicissimo.
«Papà… che bello! Non pensavo fossi stato un pirata!».
Ora, è vero che in passato – prima dell’avvento di Spotify, Netflix o Amazon Prime Video mi è capitato di scaricare qualche MP3 da internet, qualche film… per cui in un certo senso un po’ “pirata” lo sono stato, ma nulla che potesse essere riconducibile alla felicità e alla affermazione di un bambino di quattro anni.
Lo guardo perplesso, senza capire e lui mi spiega: «Chissà quanti tesori avrai visto! Chissà quante avventure avrai vissuto! Perché non me l’hai mai detto prima?»
«Leo, ma… chi ti ha detto che sarei un pirata?»
«Nessuno, ma ho visto che hai il tesoro in garage! Vieni, andiamo ad aprirlo!»
Mi trascina in garage e mi mostra quello che lui ha inteso potesse essere un tesoro e mi chiede di aprirlo.
Tra le mie canne da pesca, riposte in modo disordinato sulla rastrelliera, c’era uno sgabellino che ho usato qualche volta nelle gare di pesca alla carpa con i miei amici. Uno sgabellino marrone con cuscino verde e alcuni cassetti di metallo, chiusi con una cerniera. Tutto lì.
Però nel suo immaginario quello aveva tutto l’aspetto di un tesoro da pirata. Tanto che, per non deludere le sue aspettative, non ho avuto sufficientemente cuore per aprirlo e mostrargli che, in realtà, all’interno avrebbe trovato ami, piombini e galleggianti.
«No, Leo. Non si può aprire. Io non sono più un pirata e tu non lo sei ancora. Quando crescerai e lo diventerai, allora sarà tuo e potrai vedere cosa contiene».
La mia risposta lo ha emozionato ancora di più. Ha ammirato lo sgabello-tesoro senza toccarlo e, a distanza di mesi, quasi ogni giorno si limita a controllare che si trovi sempre lì, chiuso in attesa che arrivi il momento di aprirlo e che nessuno lo abbia toccato.
Non sarò stato e non sarò mai un pirata, come abitualmente lo si possa immaginare (benda sull’occhio, barba, baffi, uncino, bandiera nera e tatuaggi) ma il tesoro ce l’ho davvero. Da quasi cinque anni.