Sulla storia dell’Audi gialla che, nei giorni scorsi, ha scatenato il panico sulle autostrade del nord-est c’è qualcosa che sfugge, oltre all’Audi gialla.

A parte che, ascoltando i vari telegiornali, non si è ancora capito quale fosse il modello di questa Audi gialla: RS3, A4, A5, RX9, B5. Le sigle sono state dette tutte, per cui anche per le forze dell’ordine era un casino e non capivano se stessero inseguendo dei criminali o fossero impegnati in una sfida a battaglia navale.

Questi tizi sull’Audi gialla vanno e vengono, inarrestabili, mettendo l’auto nelle condizioni più critiche (150 km/h in retromarcia?), avanti, indietro, in contromano, sfondano le barre dei caselli autostradali e fanno quasi la migliore pubblicità possibile alla casa tedesca.

Autista e passeggeri vengono fotografati dalle telecamere di sicurezza mentre fanno benzina ma, per un facile riconoscimento da parte di tutti, in televisione la targa viene oscurata per la privacy così, nel caso qualcuno potesse incrociare l’auto, poteva avere il dubbio se fosse quella dei banditi o no e solo l’eventuale esposizione di armi avrebbe dato la conferma.

Quindi, guardate bene la targa dell’Audi gialla il cui autista ha causato una vittima e altri danni ma dovete indovinare le ultime cifre. Come in un gioco a premi. Perché le questure osservano scrupolosamente il regolamento e la privacy non si deve violare. Mai.

Oggi poi uno dei ricercati parte da Forlì e si presenta alla questura di Torino per definire il tutto come un errore. Vuoi mica che si dichiari colpevole?

Sono innocente!” ha detto. Ovvio. Se chiedessi all’oste della qualità del suo vino, cosa direbbe? Lui e gli altri due, che sarebbero già in Albania ed uno di loro addirittura in carcere là. Un’esistenza rovinata da errori giudiziari, probabilmente.

L’uomo in questione aveva anche il permesso di soggiorno scaduto e il 13 gennaio qualcuno gli avrebbe agitato l’indice davanti al naso rimproverandolo «Bricconcello, guarda che non si fa così! Adesso fai il bravo ed entro sette giorni devi uscire dall’Italia, capito? Altrimenti devi tornare accompagnato dai genitori!»

Ma se tu, organo della Giustizia, ti prendi la briga di espellere – anzi intimi ad un’extracomunitario di lasciare il Paese, sarà perché non è stato poi un esempio di civiltà, giusto? E per i sette giorni di tempo che gli concedi perché raccolga i propri oggetti personali non lo controlli più e, dall’alto del rispetto che si è guadagnato, ti fidi che rispetti l’intimazione?

E quando questo arriva in Questura, accompagnato dall’avvocato, a dichiararsi innocente riesci a dar credito alle sue parole? Tu, Giustizia, non ti fidi di nessuno e pretendi che chiunque si tolga la pelle di dosso per dimostrare la propria innocenza, in attesa dell’udienza – nel dubbio – non metti questo tizio in prigione (ha comunque causato la morte di una donna, oltre al resto) ma lo lasci al Cie (Centro identificazione ed espulsione)?

Ma dai…

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