Forse non è stato proprio un caso che Highlander abbia avuto come canzoni quelle dei Queen. Highlander, l’ultimo immortale come forse – era destino – lo diventasse anche Freddie Mercury.
Innovatore, sognatore e indiscusso genio musicale, Freddie Mercury è sicuramente uno dei personaggi più amati e ricordati del mondo della musica, un autentico animale da palcoscenico in grado di unire una grande capacità canora (la sua estensione vocale è memorabile) alla stravaganza che non ha mai nascosto, indossandola come un abito di ottima fattura disegnato sulla sua persona.
Uno spirito aggressivo ma con l’animo fragile, come si può leggere nel romanzo “I miei anni con Freddie Mercury” di Jim Hutton, giardiniere, amico ma soprattutto compagno di Mercury fino all’ultimo respiro. Mancato per una polmonite dovuta ad immunodeficienza per via del virus HIV, Mercury ha cercato di nascondere al mondo la sua malattia per proteggere la privacy dei suoi cari.
L’annuncio è arrivato solo il giorno prima che i suoi occhi si chiudessero, oggi 24 anni fa, senza che la voce smettesse di riempire le giornate ed uscire prepotente dalle casse di chi lo ha amato e continua a farlo e lo considera unico. A lui si devono brani altrettanto immortali come Bohemian Rapsody, Somebody to Love, The show must go on, We Are The Champions ma ci sono dei pezzi che meritano di stare nell’Olimpo della musica, nonostante siano risultati meno commerciali di altri.
In the laps of the Gods, per esempio, che ha incantato la platea di Wembley.
https://www.youtube.com/watch?v=cYZkbKswd4A
Oppure Is this the world we created.
https://www.youtube.com/watch?v=tdSnsVwbTcM
Ma le mie preferite, in assoluto restano due. Sempre e comunque. Love of my life, in un’interpretazione da brivido sempre a Wembley.
Ed in ultimo il saluto, un ripasso della vita di un uomo che si arrende ma ama ancora, These are the days of our lives.
Freddie Mercury. 1946 – Forever.