Ho sempre cercato di utilizzare nel mio lessico le parole giuste, al posto giusto, cercando di sapere o scoprire il loro significato per poterle usare nel modo migliore.
Desiderare è una delle parole che, scoprendo il suo significato, posso definire davvero straordinaria.
Desiderare va oltre il semplice pensiero di voler ottenere qualcosa, che sia materiale o morale e spazia nell’infinito. Il significato di una parola non è solo quello che gli viene attribuito in un discorso ma trova origine nelle emozioni che l’hanno fatta nascere.
Secondo l’etimologia della parola, desiderare deriva dal latino ed è una parola formata da sidus/sideris (stella) e preceduta dal privativo de che indica una mancanza. Così composta, la parola desiderare indica l’impossibilità di trovare, osservando la volta celeste, la posizione degli astri per trovare dei riferimenti, direzioni o presagi.
In altri termini invece, Giulio Cesare nel De Bello Gallico parla dei desiderantes la cui immagine è ancora più romantica. I desiderantes erano quei soldati che aspettavano tutta la notte, quindi sotto le stelle, i compagni che non erano rientrati da una battaglia. Restavano sotto il cielo, in attesa, in un misto di paura, disorientamento, nostalgia e lontananza.
Desiderare diventa una ricerca per riuscire a trovare la propria stella, un’attesa anche estenuante fino a trovare ciò che è necessario alla vita.
Come spiega Massimo Recalcati nel libro «Ritratti del desiderio», la parola “desiderio”, e quindi desiderare, porta già nel suo etimo la dimensione della veglia e dell’attesa, dell’orizzonte aperto e stellare, dell’avvertimento positivo di una mancanza che sospinge la ricerca.
Il desiderio non può essere confuso con il godimento autistico, non è volontà di godere, non è appropriazione delle risorse, accaparramento della terra, dominio, sopraffazione, sfruttamento.
Il desiderio porta sempre con sé una povertà – una lontananza – che è un tesoro.