La scena madre del film “Cose da pazzi” di Vincenzo Salemme in cui l’attore (e regista del film) chiede la pensione d’invalidità per la caduta degli ideali in cui ha sempre creduto.
Il film in sé non è eccezionale ma la scena centrale vale tutta la visione. Una bella questione a cui rispondere diventa davvero difficile.
Felice C.: «Diciamo che non ho menomazioni fisiche visibili ma il mio cuore e la mia testa, per come sono ormai conformati, non mi consentono di vivere alla pari con gli altri. Signor Cocuzza io chiedo di ricevere la pensione di invalidità civile perché è fallito il comunismo»
Cocuzza: «Che è fallito?»
Felice C.: «Il comunismo, signor Cocuzza»
Cocuzza: «…»
Felice C.: «Non capisce? Lei è cattolico?»
Cocuzza: «Sì»
Felice C.: «Crede nel Paradiso?»
Cocuzza: «Sì»
Felice C. «E spera di andarci?»
Cocuzza: «Certo…sì»
Felice C. «E per andare in Paradiso, signor Cocuzza, lei si comporta in un certo modo, da bravo cattolico, seguendo cioè le regole che la Chiesa le ha insegnato. Non so, rispetta i Dieci Comandamenti, va in Chiesa, fa le sue buone azioni, fa la carità, è giusto. Ora, dopo tanti anni che lei segue queste regole, esse stesse sono diventate un comportamento meccanico. Signor Cocuzza è corretto dire che lei ormai si comporta da buon cattolico senza nemmeno più pensarci? Per riflesso condizionato?»
Cocuzza: «Cioè, che vuole dire? Che sono abituato?»
Felice C.: «Bravo»
Cocuzza: «Sì»
Felice C.: «Allora, facciamo un’ipotesi. Mettiamo il caso che lei potesse morire e ritornare indietro vivo»
Cocuzza: «Morire?»
Felice C.:«Eh…»
Cocuzza: «Lo sa che è impossibile attualmente?»
Felice C.: «E’ un’ipotesi, signor Cocuzza. Allora, lei muore, va nell’aldilà e scopre che il Paradiso non esiste. Si accorge che tutti i sacrifici che ha fatto sulla terra da vivo, non servono a nulla perché il premio non c’è. Non solo non c’è il premio, non c’è nemmeno la punizione per i cattivi, per quelli che delle regole se ne sono ampiamente fregati, a differenza sua. Quindi né premio né punizione, né Paradiso né inferno. Ora, abbiamo detto che lei può tornare vivo sulla terra. Però, sapendo a questo punto che nell’Aldilà non c’è niente, signor Cocuzza, lei continuerà a comportarsi come prima? Seguendo le buone regole del bravo cattolico?»
Cocuzza: «E chi me lo fa fare?»
Felice C.: «Bravo, “io faccio quello che mi pare”, ma è un’illusione purtroppo signor Cocuzza perché per lei comportarsi da cattolico è un riflesso con-di-zio-nato, non può farne a meno, continuerà contro la sua volontà a comportarsi come prima. Ora, immagini che tutto questo le capiti non con delle regole che servono a guadagnarsi il Paradiso ma con delle regole che servono a vivere meglio su questa terra. Signor Cocuzza, questa è la mia condizione: gli ideali che sostenevano la mia etica sono falliti ma io non posso vivere altrimenti che seguendo meccanicamente quegli stessi ideali. E allora io uso un codice di comportamento che questa società non ritiene valido. Sono inadatto a vivere in questa società. Ma se sono inadatto a vivere lei, tecnicamente, come mi definisce? Un…»
Nonno: «Invalido!»
Cocuzza: «Invalido?»
Felice C.: «Ed essendo un invalido, che mi spetta?»
Nonno: «La pensione!»
Cocuzza: «La pensione!»
Felice C.: «Ci è arrivato, sono felice!»
Cocuzza: «Complimenti, bravissimo!»
Felice C.: «Quindi lei è d’accordo con me, signor Cocuzza?»
Cocuzza: «No, che d’accordo. Ho capito»
Felice C.: «Io le sto dando l’occasione per aprire un varco nell’ordinamento giuridico, c’è un nuovo handicap da mettere agli atti, è l’handicap morale, signor Cocuzza, lei ne può essere l’artefice»
Cocuzza: «Ma che handicap morale, lei ha semplicemente creduto negli ideali sbagliati»
Felice C.: «No, no, no non mi tratti con sufficienza, non me lo merito. E’ un caso, solo un caso che siano cadute le mie regole e non le sue, non faccia lo sbruffone con me signor Cocuzza»
Cocuzza: «Ah sì? Scusi ma perché non lo va a dire alle persone di quei paesi le cose che sta dicendo a me?»
Felice C.: «Ma quali paesi?»
Cocuzza: «I paesi…senta ma lei è un comunista o no?»
Nonno: «Sfegatato!»
Felice C.: «Ma che c’entra? Zitto, sta’ zitto, non è il comunismo signor Cocuzza, non è il comunismo che mi manca. Non sono uno stupido! A me manca il sogno comunista. Ogni uomo ha diritto ad un sogno. Io sono stato ingannato. Voglio essere risarcito. Io per vent’anni ho creduto veramente che un miliardo di cinesi fossero tutti educati, felici e sorridenti solo perché erano comunisti. Poi ho scoperto che facevano le esecuzioni in piazza. Pigliavano dei ragazzi di quindici, sedici anni solo perché avevano rubato una bicicletta, un pugno di riso, li facevano inginocchiare per terra e gli sparavano un colpo in testa. E la gente applaudiva. Io ero comunista perché sono contro la pena di morte signor Cocuzza, sono stato ingannato e voglio essere risarcito. Mi spetta!»
Cocuzza: «Ho capito, ma la legge non prevede un caso come il suo. Io che scrivo nel registro? “E’ incapace di vivere perché è fallito il comunismo”?»
Felice C.: «Esatto, io sono malato signor Cocuzza, la mia è una forma di malattia di cui lo Stato deve tenere conto. Io sono un tossicomane ideologico, sono in crisi di astinenza, posso fare di tutto signor Cocuzza e lo farò!»
Cocuzza: «Che vuole dire?»
Felice C.: «Che mi lascerò finalmente andare. Che non avrò più scrupoli, che diventerò un delinquente»
Cocuzza: «E faccia quello che le pare…»
Felice C.: «E sarà anche colpa sua!»
Cocuzza: «Mia? E io che c’entro?»
Felice C.: «Lei non mi prende nella giusta considerazione!»
Cocuzza: «No, io faccio solo quello che è nelle mie possibilità…»
Felice C.: «Ma la smetta con la storia delle possibilità! Faccia quello che è nelle sue responsabilità!»
Cocuzza: «Lei per me sta benissimo! Se ha bisogno, vada a lavorare!»
Felice C.: «E come faccio a lavorare signor Cocuzza? Io sono mesi che non esco di casa, non ce la faccio ad andare per strada, guardare negli occhi le persone che per vivere devono schiacciare la propria dignità!»
Cocuzza: «Tutti dobbiamo fare i conti con la realtà…»
Felice C.: «Ma questa è la vostra realtà, non la mia!»
Cocuzza: «E allora combatta con la sua di realtà…»
Felice C.: «E come faccio? Dove va? Che cosa devo fare signor Cocuzza? Devo denunciare tutti quelli che andavano in giro con i capelli lunghi e con l’eskimo? Erano milioni! Sono scomparsi? Con chi me la prendo? Con quelli che mi impedivano di comprare i dischi di Lucio Battisti perché si era sparsa la voce che forse era fascista? E io l’amavo e mi vergognavo a dirlo! Per lei è facile, signor Cocuzza, insegnare ai suoi figli che l’essere umano è di natura cattiva, che la gente parla, parla ma poi ognuno pensa ai fatti suoi, io non potrei mai insegnare queste cose a mio figlio, non gli potrei mai insegnare che sul lavoro non deve guardare in faccia a nessuno se vuole andare avanti, che votare non serve a nessuno, solo ai politici che devono rubare, per voi è facile dire queste cose, perché secondo voi adesso la gente sta bene, nessuno muore più di fame. E allora che cosa gli dovete insegnare ai vostri figli? Solo stronzate! Che il fumo fa male, che mangiamo troppa carne rossa, che ogni anno a Natale vengono distrutti troppi abeti…e chi se ne fotte, Cocuzza? Voi non mi volete aiutare? Allora insegnatemi a vivere come voi, senza scrupoli e senza sensi di colpa, altrimenti mettemi in un mondo dove non esistono zingari, negri, poveri, disperati, un mondo dove non si sappia quanti bambini muoiono di fame ogni giorno mentre noi mangiamo le primizie, abbiamo sei televisori per famiglia, due macchine a testa… mandatemi qualcuno che mi dimostri che vivere in questa società è giusto altrimenti diventerò un delinquente. E si ricordi, signor Cocuzza, che è un caso, solo un caso che siano cadute le mie regole e non le sue!»
Se poi volete la versione divertente, vi consiglio di attivare i sottotitoli di YouTube per avere dei testi che non c’entrano nulla, ma proprio nulla, con il dialogo della scena.