Il coraggio è la virtù umana che fa sì che, chi ne è dotato, non si sbigottisca di fronte ai pericoli. Affronti con serenità i rischi, non si abbatta per dolori fisici o morali e, più in generale, affronti a viso aperto la sofferenza, il pericolo, l’incertezza e l’intimidazione.
Coraggio: una parola semplice, dall’uso comune, quasi inflazionata ma con un significato che va oltre quello per cui viene abitualmente utilizzata o accostata. Per questo rientra tra le “parole meravigliose“.
Spesso si parla di coraggio o si usa il termine coraggio quando si sta per compiere un’azione che rasenta la follia, la stupidità, qualcosa che metta a repentaglio la salute, la morale, l’incolumità di qualcuno o qualcosa.
Si pensa, erroneamente, che il coraggio sia diametralmente opposto alla paura o meglio, sia l’assenza di paura.
La moda di scattare selfie in cima ai palazzi o ai grattacieli, sui binari del treno o compiere una qualsiasi azione che preveda baldanza, sfacciataggine, sprezzo del pericolo è stupidità e non sicuramente qualcosa che possa avvicinarsi all’essere coraggioso.
Questa parola infatti dialoga, va a braccetto con la paura, non se la lascia scappare. La porta con sé perché «il coraggio non è la mancanza di paura, ma la vittoria sulla paura. L’uomo coraggioso non è colui che non prova paura ma colui che riesce a controllarla», diceva Mandela.
Coraggio, tutto parte dal cuore
Oltre ad essere strettamente legato alla paura, il suo significato più “intimo” deriva dall’unione di due parole.
Non ci sono conferme, ma le radici potrebbero affondare ai tempi dei latini. Partendo dalla fusione di “cor” ed “agere“, che insieme starebbero ad indicare l’agire con il cuore.
A dimostrazione di questa possibilità ci vengono in aiuto le immagini che abitualmente vengono associate ad individui coraggiosi. I soldati, i cavalieri e anche supereroi che, per far valere questa virtù, offrono il petto al pericolo, al dolore. Il petto, dunque, la scatola del cuore, per primo. Davanti a tutto.
Oppure, una lettura altrettanto romantica anche se fuorviante, sostiene che il termine derivi dalla fusione delle parole francese “cœur” e “énrage“, ovvero cuore furioso, arrabbiato, pazzo. Definizione che però si discosta dalla precedente e collima con la stupidità trattata sopra. Perché avere il cuore furioso, arrabbiato, potrebbe far compiere qualcosa di avventato più che di coraggioso.
Quindi è chiaro che, quale sia l’origine, quando si parla di coraggio si intende qualcosa in cui c’entri il cuore.
L’uomo fa valere la propria virtù, cavalca i propri princìpi, combatte l’istinto di una carica a testa bassa per raggiungere il giusto che il cuore gli indica.
Ecco, il coraggio.