Nel 1944 le truppe alleate sbarcarono ad Anzio e quello fu un momento drammatico e tremendo per la città laziale.
Anzio venne evacuata, ma non del tutto. Le case e le costruzioni furono quasi completamente distrutte dai bombardamenti che sono ampiamente raccontate nei libri di storia: quella di Anzio, l’operazione Shingle, era un’azione militare di sbarco anfibio, condotta dagli Alleati sulla costa tirrenica antistante gli abitati di Anzio e Nettuno, durante la campagna d’Italia nella seconda guerra mondiale.
L’obiettivo di tale manovra era la creazione di una testa di ponte oltre lo schieramento tedesco sulla linea Gustav, in modo tale da aggirarla e costringere gli avversari a distogliere ingenti forze dal fronte di Cassino, permettendo così lo sfondamento della 5ª Armata del generale Mark Clark lungo il settore tirrenico della Gustav.
Tra gli orrori e le devastazioni, particolarmente commovente è la storia raccontata dal caporale Hayes e riportata da Ennio Silvestri, storico di Anzio, che parla di Angelita, una piccola ed innocente bambina vittima della guerra. Non si sa con certezza se si tratti di un falso o di realtà ma la statua che la ricorda, circondata da volo di gabbiani, merita di essere riproposta per ricordare come i bambini siano le prime vittime delle guerre mosse da gente senza scrupoli, assetate di potere che calpestano corpi, vite, storie anche solo mascherando i loro interessi dietro la parola “libertà”.
Angelita ha i capelli raccolti con dei codini, un vestitino corto, non porta scarpe e rivolge le braccia al cielo, così come lo sguardo, per giocare con i gabbiani che le volano intorno e che, con le loro ali, potrebbero portarla via dalla guerra, dal dolore.
Della storia di Angelita di Anzio ci sono due versioni. Quella cantata da Los Marcellos Ferial racconta di una bambina di cinque anni trovata sola e in lacrime sulla spiaggia dello sbarco che racchiude la versione più drammatica, raccontata appunto dal caporale Hayes, secondo cui il soldato scozzese insieme ad altri commilitoni adottarono la bambina, chiamandola Angelita. Affidata ad una crocerossina, entrambe morirono alcuni giorni dopo a causa della controffensiva tedesca.
Dal racconto del caporale Hayes:
La notte dello sbarco la mia pattuglia superava velocemente la riva temendo la violenta reazione nemica quando, giunti ai limiti del bosco (si presume Tor Caldara, ndr ) restammo impietriti sentendo qualcuno lamentarsi. Avanzammo con cautela e scoprimmo trattarsi di una bambina dell’età apparente di sei anni, terrorizzata e con il volto bagnato di lacrime. Non sapendo cosa fare e non parlando nessuno di noi alcuna parola in italiano, prendemmo in braccio la bambina e ci inoltrammo nel bosco, trasportandola a turno, quasi come un simbolo di vita e di speranza per ogni soldato della pattuglia. L’alba di un giorno freddo ma luminoso (22 gennaio 1944) era appena spuntata incerta nel bosco quando noi riprendemmo l’avanzata con precauzione. La notte cadde ma Angelita era di ora in ora più serena e sorrideva timidamente agli sforzi miei e dei miei compagni per farci comprendere ed inventare smorfie e giochi che la divertissero. Lasciammo, obbligati, Angelita in una località, Carroceto, dove la Croce Rossa curava i feriti. Mentre ci dirigevamo verso il Flyover vedemmo una salva di cannonate investire il punto in cui c’erano i feriti. Ero l’ultimo della fila e mi precipitai a vedere: i feriti erano rimasti tutti uccisi, anche Angelita. Strinsi la bambina per l’ultima volta quale estremo saluto mio e dei miei compagni e la adagiai lungo il ciglio della strada tra i morti inglesi, americani e tedeschi.
Angelita,
ti saresti chiamata Angelita,
Angelita.
Angelita,
volevamo chiamarti Angelita,
Angelita.
Sbarcammo ad Anzio
una notte,
oh oh, oh oh.
C’era soltanto la luna
ed un pianto di bimba.
In fondo al suo sguardo di mare
c’erano ancora le favole,
e quattro conchiglie
ripiene di sabbia
stringeva una piccola mano.
Angelita,
ti saresti chiamata Angelita,
Angelita.
Entrammo in Anzio
e fu l’alba,
oh oh, oh oh.
Con il fucile sul braccio
e la bimba con noi.
Aveva i capelli di grano
ed una voce di passero.
Le quattro conchiglie
ripiene di sabbia
stringeva la piccola mano.
Angelita,
volevamo chiamarti Angelita,
Angelita.
Che alba grigia
su Anzio,
oh oh, oh oh.
Scese improvviso fra noi
un silenzio di bimba.
Da quel suo sguardo di mare
eran fuggite le favole,
ma quattro conchiglie
ripiene di sabbia
restavano nella sua mano.
Angelita,
ti saresti chiamata Angelita,
Angelita.
Angelita,
volevamo chiamarti Angelita,
Angelita.
Angelita!
Angelita!
Angelita!